Il primo articolo di un giornale, o nel mio caso di un blog, è forse quello più difficile. Bisogna decidere bene con cosa iniziare, di quale argomento o tematica trattare, ecc. Fra i tanti argomenti a disposizione però preferisco iniziare con un ricordo, anzi, con un ringraziamento, ad una persona che nel poco tempo trascorso insieme mi ha trasmesso passione e amore per la sua terra di origine e per la sua storia. Il prof. Orazio Campagna, venuto a mancare da poco, è stato l'unico nell'ultimo secolo a pubblicare un libro sulla storia di Maierà. Nel 1985 vede la luce uno dei suoi lavori più amati e desiderati "Storia di Majerà", che per volere suo e dell'allora amministrazione comunale, fu distribuito gratuitamente in ogni famiglia Majeraiota. Un libro che raccoglie storia, tradizione, folklore, dialetto, di un popolo formatosi da tanti popoli.
Nel 2008, quando mi occupai del Progetto PON "La civiltà contadina tra presente e passato", tenutosi presso l'Istituto Comprensivo di Maierà, ebbi l'onore, insieme alla maestra Benvenuto Adelina e ai ragazzi corsisti, di ospitare per un intero pomeriggio il prof. Campagna, il quale con i suoi racconti ipnotizzò nel vero senso della parola quei ragazzini di 9-10 anni. Fu un pomeriggio carico di emozioni: dopo una breve lezione in aula, ci recammo nel centro storico per visitare la Chiesa Madre e il Palazzo Ducale. Ogni pietra, ogni angolo del nostro paese, per lui era un tornare ragazzino, un riemergere di ricordi che per noi ascoltatori si tramutavano in storia viva davanti ai nostri occhi.
Nell'estate di quell'anno, quando come membro della pro-loco di Maierà mi occupai della presentazione del libro "Memorie della terra di Majerà" di Francesco Antonio Vanni (del quale leggerete spesso in questo blog) curato da Giovanni Celico e Amato Campilongo, provai ad invitare nuovamente il prof. Campagna a salire a Maierà e ad intervenire in qualità di storico e conoscitore di quei documenti della seconda metà del 1700, in quanto fonte principale del suo libro. Ma, in quell'occasione, per motivi di salute non fu possibile. Mi chiese, tuttavia, di leggere ai presenti un suo articolo, uscito sulla rivista Parallelo nel numero di gennaio/febbraio 2005.
Ed è proprio con quell'articolo che voglio ricordarlo anche adesso, per condividere insieme a tutti voi una pagina della storia di un uomo di Maierà, della memoria di Maierà, che non deve essere dimenticato, ma anzi ricordato e fatto conoscere alle nuove generazioni.
Quei primi di Settembre del 1943 - di Orazio Campagna (Majerà)
Quando ci rendemmo conto che la grotticella di località Manco di Majerà non ci poteva più contenere, lasciammo la casa in paese e ci rifugiammo ad Alorio, la solare contrada, epiteto di Demetra. Ma anche li le nostre capanne non ci erano sufficienti: eravamo tanti!
Allora decisi di passare la prima notte all'aperto: avevo vent'anni! Mi distesi alla base e a ridosso d'un grosso ulivo. Quella sera, sul tardi, non passò il "ferroviere", era stato così battezzato il ricognitore inglese che solitamente sorvolava la costa.
Intorno a mezzanotte iniziò l'inferno. A centinaia discesero i bengala, per cui fummo illuminati a giorno. Seguirono sventagliate di mitragliatrici. Furono intercettate intorno all'isola e a nord di Cirella delle zattere cariche di giovani soldati tedeschi che dalla Sicilia venivano traghettati sul continente. Erano i reduci di Tobruk e di El-Alamein.
La sparatoria durò quasi un'ora, ma per tutta la notte dall'alto del pianoro sentivo l'eco dei lamenti, sempre più flebili, giungere dal mare. Quei giovani, forse, invocavano l'aiuto delle loro mamme in una lingua a noi incomprensibile.
Al mattino i morti galleggiavano presso la battigia; anche le zattere crivellate erano lì, in parte ricoperte di sabbia e vi rimasero fino a quando, finita la guerra, un'impresa di Genova non ebbe l'incarico della demolizione.
Col viatico del sorriso della bionda ospite lametina, anche io iniziai l'iter verso una nuova vita in quei tristi inizi di settembre del 1943.
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