domenica 15 gennaio 2017

Universitas Macherate


Ogni paese, ogni città, ogni nazione ha una sua storia, una sua origine. Tale origine, spesso, viene rievocata nell'etimologia del nome stesso del luogo preso in esame. Se, ad esempio, prendiamo in considerazione l'origine del nome Italia scopriamo che secondo gli studiosi moderni il termine Italia significherebbe Terra degli Itali, antica popolazione che viveva nell'odierna Calabria. Se pensiamo a Roma invece la discussione si fa più complicata, molte sono le teorie, sia antiche che moderne, tanto da non rendere ancora oggi chiara l'etimologia del nome dell'Urbe. E Majerà? Da dove deriva il nome del nostro paese?
 
Dizionario dei luoghi della Calabria,
Valente Gustavo, 1973
Oramai è quasi una consuetudine, oserei dire, una tradizione, dovuta soprattutto all'encomiabile lavoro del prof. Campagna, affermare che l'origine del nome Majerà derivi dall'abraico M'ara che vuol dire grotta. Nel suo testo, Storia di Majerà, il professor Campagna dimostra questa sua teoria secondo la quale dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme nel 70 d.C., molti profughi palestinesi trovarono rifugio nel sud Italia e quindi anche a Majerà, dove a fargli da riparo trovarono le varie caverne disseminate nel nostro territorio. Basti pensare alle grotte in località San Domenico o quella del Manco (bunker per i Majeraioti durante il secondo conflitto mondiale). Inoltre la presenza ebrea/palestinese a Majerà veniva attestata anche dall'uso, fino a qualche decennio fa, soprattutto durante il periodo Natalizio, di uno strumento molto caro al popolo ebraico, ovvero lo Shofar, un corno di montone usato come strumento musicale. E se l'origine non fosse ebraica, se non c'entrassero niente con noi gli ebrei, i corni e le fughe dei profughi? In realtà una fonte autorevolissima della nostra storia, ovvero le Memorie di Francesco Antonio Vanni, ci parlano di tutt'altro, non ci parlano di Ebrei ma bensì di Greci. Francesco Antonio Vanni nasce a Majerà il 17 aprile del 1698 da Biagio e Geronima Forte. Nel 1705 veste l'abito clericale e nel 1708 riceve la prima tonsura (taglio dei capelli). Dal 1712 al 1717 studia a Mormanno e nel 1720 si trasferisce a Scalea, dove insegna e svolge il mestiere di notaio presso il principe Spinelli. Quegli anni furono molto utili per la sua carriera, ma anche per le sue ricerche; difatti egli, innamorato del paese natio, grazie alla possibilità di gestire documenti e corrispondenze del principe, poté approfondire la storia di Majerà e apportarne nuovi dettagli. Le sue ricerche, i suoi scritti, confluirono nelle Memorie della Terra di Majerà, un manoscritto trovato per caso tra i documenti di Leopoldo Pagano (storico di Diamante) e conservato presso l'archivio storico di Cosenza. Secondo il Vanni Majerà deriverebbe dal greco Makhairas che vuol dire coltellaio. Infatti, già Gabriele Barrio nel suo De Antiquate et situ Calabriae (1571) accostava Majerà all'immagine del coltello: Machera idest Gladius (Machera cioè spada). Il Vanni prosegue affermando che molti altri studiosi hanno concordato con il Barrio, ma nessuno ha dato un senso preciso a tale definizione. Vanni allora ci viene in soccorso affermando che tale teoria può essere ricollegata o alla conformazione del territorio ove è situato il centro storico (a forma di falce) oppure per una questione essenzialmente caratteriale: il fondatore o gli stessi abitanti era valorosi e coraggiosi, impetuosi come coltelli. Discostandoci dal nostro illustre antenato, tuttavia, per comprovare l'etimologia greca possiamo avvalerci di altri elementi . Il primo di carattere etimologico, il secondo iconografico.
Stemma odierno di Maierato (VV)
Per ciò che concerne l'aspetto etimologico facciamo riferimento alla storia di una paese che non ha nulla a che vedere con noi, se non per il nome molto simile al nostro. Sto parlando di Maierato in provincia di Vibo Valentia, paese di 2.250 abitanti, che nel suo nome conserva le sue origini greche. L'antico nome di Maierato, infatti, vuol dire "Battaglia sacra", poiché in quel luogo avvenne uno scontro armato tra indigeni e occupanti greci. Il primitivo stemma del comune, del resto, raffigura due guerrieri in piedi su due pietre, con le spade rivolte verso il cielo. Tra le due figure compare una grande M e ad incorniciare la scena la scritta Macherato.
La testimonianza iconografica invece ci riguarda più da vicino. Lo stemma raffigurante un braccio d'uomo che impugna un coltello, campeggiante sulla scritta Universitas Macherae, è lo stemma più antico di Majerà. Sicuramente precedente al XVIII secolo, ci conferma che l'etimologia greca del nome Majerà è più che plausibile. Una precisazione: il termine Universitas non è da confondere con le odierne Università; purtroppo Majerà non è stata sede di una Università. Le Universitates erano i comuni dell'Italia meridionale, sorti già sotto la dominazione Longobarda (IX secolo). Fu Carlo I d'Angiò (1266-1285) a modificare il termine "Comune" in "Universitas" ossia Unione di tutti i cittadini. Le Universitas sopravvissero sino all'abolizione del feudalesimo avvenuta con decreto regio il 2 agosto 1806 ad opera di Giuseppe Bonaparte re di Napoli. Lo stesso ordinamento amministrativo disposto dal governo francese con la legge del 19 gennaio 1807 faceva di Majerà un luogo, ossia una Università, nel Governo (una moderna provincia) di Verbicaro. Il riordino successivo (4 maggio 1811), istitutivo di comuni e circondari, fece di Cirella frazione di Majerà (fino al 1876) e confermava la nostra cittadina nella giurisdizione di Verbicaro.
Dunque, in conclusione, Majerà terra di gente umile e accogliente, ma valorosa e coraggiosa alla pari di una lama di coltello.




venerdì 6 gennaio 2017

Quei primi di settembre del 1943

Il primo articolo di un giornale, o nel mio caso di un blog, è forse quello più difficile. Bisogna decidere bene con cosa iniziare, di quale argomento o tematica trattare, ecc. Fra i tanti argomenti a disposizione però preferisco iniziare con un ricordo, anzi, con un ringraziamento, ad una persona che nel poco tempo trascorso insieme mi ha trasmesso passione e amore per la sua terra di origine e per la sua storia. Il prof. Orazio Campagna, venuto a mancare da poco, è stato l'unico nell'ultimo secolo a pubblicare un libro sulla storia di Maierà. Nel 1985 vede la luce uno dei suoi lavori più amati e desiderati "Storia di Majerà", che per volere suo e dell'allora amministrazione comunale, fu distribuito gratuitamente in ogni famiglia Majeraiota. Un libro che raccoglie storia, tradizione, folklore, dialetto, di un popolo formatosi da tanti popoli. 
Durante l'ultimo anno di università, mentre ero impegnato con la mia tesi, spesse volte ho fatto visita a casa sua, e ogni volta mi accoglieva con un abbraccio, un sorriso e con la solita frase "cosa si dice in quel di Maierà?" per poi iniziare, senza neanche sedersi o darmi il tempo di prendere penna e foglio, a raccontare aneddoti, a spiegare origine di termini e modi dire. 
Nel 2008, quando mi occupai del Progetto PON "La civiltà contadina tra presente e passato", tenutosi presso l'Istituto Comprensivo di Maierà, ebbi l'onore, insieme alla maestra Benvenuto Adelina e ai ragazzi corsisti, di ospitare per un intero pomeriggio il prof. Campagna, il quale con i suoi racconti ipnotizzò nel vero senso della parola quei ragazzini di 9-10 anni. Fu un pomeriggio carico di emozioni: dopo una breve lezione in aula, ci recammo nel centro storico per visitare la Chiesa Madre e il Palazzo Ducale. Ogni pietra, ogni angolo del nostro paese, per lui era un tornare ragazzino, un riemergere di ricordi che per noi ascoltatori si tramutavano in storia viva davanti ai nostri occhi.
Nell'estate di quell'anno, quando come membro della pro-loco di Maierà mi occupai della presentazione del libro "Memorie della terra di Majerà" di Francesco Antonio Vanni (del quale leggerete spesso in questo blog) curato da Giovanni Celico e Amato Campilongo, provai ad invitare nuovamente il prof. Campagna a salire a Maierà e ad intervenire in qualità di storico e conoscitore di quei documenti della seconda metà del 1700, in quanto fonte principale del suo libro. Ma, in quell'occasione, per motivi di salute non fu possibile. Mi chiese, tuttavia, di leggere ai presenti un suo articolo, uscito sulla rivista Parallelo nel numero di gennaio/febbraio 2005.
Ed è proprio con quell'articolo che voglio ricordarlo anche adesso, per condividere insieme a tutti voi una pagina della storia di un uomo di Maierà, della memoria di Maierà, che non deve essere dimenticato, ma anzi ricordato e fatto conoscere alle nuove generazioni.

Quei primi di Settembre del 1943 - di Orazio Campagna (Majerà) 

Quando ci rendemmo conto che la grotticella di località Manco di Majerà non ci poteva più contenere, lasciammo la casa in paese e ci rifugiammo ad Alorio, la solare contrada, epiteto di Demetra. Ma anche li le nostre capanne non ci erano sufficienti: eravamo tanti! 
Allora decisi di passare la prima notte all'aperto: avevo vent'anni!  Mi distesi alla base e a ridosso d'un grosso ulivo. Quella sera, sul tardi, non passò il "ferroviere", era stato così battezzato il ricognitore inglese che solitamente sorvolava la costa. 
Intorno a mezzanotte iniziò l'inferno. A centinaia discesero i bengala, per cui fummo illuminati a giorno. Seguirono sventagliate di mitragliatrici. Furono intercettate intorno all'isola e a nord di Cirella delle zattere cariche di giovani soldati tedeschi che dalla Sicilia venivano traghettati sul continente. Erano i reduci di Tobruk e di El-Alamein.
La sparatoria durò quasi un'ora, ma per tutta la notte dall'alto del pianoro sentivo l'eco dei lamenti, sempre più flebili, giungere dal mare. Quei giovani, forse, invocavano l'aiuto delle loro mamme in una lingua a noi incomprensibile.
Al mattino i morti galleggiavano presso la battigia; anche le zattere crivellate erano lì, in parte ricoperte di sabbia e vi rimasero fino a quando, finita la guerra, un'impresa di Genova non ebbe l'incarico della demolizione.
Col viatico del sorriso della bionda ospite lametina, anche io iniziai l'iter verso una nuova vita in quei tristi inizi di settembre del 1943.

giovedì 5 gennaio 2017

Perchè un blog sulla storia di Maierà?

Salve amici lettori,
sono Pablito Sandolo. In molti mi conoscerete già, ma per tutti sembrerà strano pensarmi nella veste di blogger. Non nego che anche per me sia così data la mia poca confidenza con i social network, ma con il tempo ci farò e, spero, farete abitudine.
Creare un blog sulla storia di Majerà è un'idea che mi balena per la testa da un anno circa, ma per vari motivi quest'idea trova la sua concretizzazione solo adesso. Questo blog nasce per dare sfogo ad una mia esigenza, ossia quella di scrivere del nostro caro paese, del suo passato, della sua storia e, perché no, del suo futuro. La passione per la storia affonda le sue radici nella mia adolescenza. Fin da quando ero ragazzino, infatti, mi piaceva ascoltare i racconti delle persone anziane, passeggiare tra i vicoli del nostro paese e immaginare chi avesse percorso quelle strade prima di me, chi avesse vissuto in quelle case, quando fossero state costruite le chiese, i palazzi nobiliari, ecc. A darmi le prime risposte ci pensò la prof.ssa Anna Marzilli che durante i tre anni delle scuole medie ci fece ricercare, studiare e approfondire la storia di Maierà utilizzando come strumento indispensabile delle nostre ricerche il libro del prof. Orazio Campagna "Storia di Majerà". Da lì capii che la storia, la ricerca del passato, faceva parte del mio essere e che mi avrebbe accompagnato per tutta la vita. Trascorsi gli anni degli studi superiori e arrivato il momento di scegliere cosa fare dopo la maturità, la decisione di iscrivermi alla facoltà di Storia fu immediata. Forse una pazzia, una scelta poco saggia, visti gli scarsi sbocchi occupazionali, ma alla passione, a ciò che muove il cielo e le stelle, non si può dire di no. Gli studi universitari furono abbastanza pesanti ma ancora oggi li ricordo con immenso piacere , come con altrettanto piacere ricordo i colleghi ed i docenti. Uno dei momenti più intensi e più belli fu senza dubbio la stesura della tesi di laurea. Decisi di approfondire un periodo ben preciso della storia del nostro territorio, ovvero gli anni della dominazione Francese, contando sulla guida e l'aiuto del prof. Fausto Cozzetto docente di Storia Moderna presso l'UNICAL. Il titolo del mio lavoro di tesi infatti è Il Mezzogiorno tra rivoluzione giacobina e seconda restaurazione borbonica. Il caso dell'Alto Tirreno Cosentino.
Dopo la laurea ho continuato ad occuparmi di storia, per lavoro e per diletto. Per lavoro in qualità di docente di storia locale in progetti PON tenutisi nelle scuole di vario ordine e grado della zona, per diletto mediante organizzazione di manifestazioni con la pro loco e con la parrocchia Santa Maria del Piano in Maierà.
Ma, dopo questo breve excursus della mia di storia, torniamo al titolo di questo articolo: perché un blog sulla storia di Maierà? Come già detto uno dei motivi che mi ha spinto è senza dubbio la voglia di scrivere, leggere e parlare della storia del mio paese, ma non solo questo. In passato mi è capitato di scrivere per un giornale locale, tenuto da un'associazione, che però purtroppo ha avuto vita breve. Quell'esperienza tuttavia mi ha fatto capire che molte persone, soprattutto giovani, sono curiose, vogliono capire, vogliono riscoprire le proprie origini. Ecco, uno degli obiettivi di questo blog è proprio questo: creare un dibattito, un dialogo, intorno alla storia di Maierà. Mi piacerebbe che mediante questo blog i ragazzi, i giovani, i meno giovani, trovassero un attimo del loro tempo per pensare a ciò che è stato, a com'era il nostro paese. Il mio proposito è quello di scrivere periodicamente un articolo, una curiosità, una notizia, per poi discuterne insieme, approfondendola, per fare una ricerca comunitaria della nostra storia. Uno dei termini più in voga oggi è CONDIVIDERE. Ecco condividere vuol dire appunto fare di una cosa personale una cosa di tutti, una cosa per tutti. Maierà, la sua storia, le sue pietre, i suoi monumenti, sono di tutti. Parliamone, per riscoprire ciò che il tempo ha sepolto, per difendere il nostro passato, per riportare alla luce ciò che eravamo e così capire chi saremo.