venerdì 17 luglio 2020

Personaggi Illustri di Majerà: Francesco Antonio Vanni

Da qualche giorno, entrando nella nostra Chiesa Madre, è possibile imbattersi in due lapidi marmoree da poco esposte ai fedeli dal parroco Don Ernesto De Marco.
Tale circostanza, per alcuni forse non rilevante, per me rappresenta uno stimolo a raccontare la storia di “questa lapide”.
Si, una lapide, in quanto le due metà in realtà compongono un unico epitaffio funebre. Ma veniamo per gradi rispondendo a due quesiti fondamentali, ovvero: a chi apparteneva questa lapide e dove era situata.
La lapide di cui ci stiamo interessando apparteneva alla famiglia Vanni e in particolare ai fratelli Fulgenzio e Francesco Antonio. La famiglia Vanni, nel 1700, era una delle famiglie più potenti, ricche e prestigiose di Maierà. La lapide, quasi illeggibile oggi, racconta un po’ la storia della chiesa e di questi due fratelli, innamorati della loro terra natia e che desideravano essere tumulati nella chiesa Madre.
(Alla base della tela)
Francesco Antonio e Fulgenzio Vanni
fratelli amatissimi
fecero curare. 1754















La lapide, difatti, prima dell’ultimo restauro, era ancora nella sua posizione originale, indicativamente, osservando frontalmente la navata della Chiesa, alla nostra destra fra i primi due altari laterali. Vicino alla lapide , fissata alla parete, una tela raffigurante la discesa dello Spirito Santo su Maria del 1754 donata alla Chiesa Madre dai fratelli Vanni. 
Dopo l’ultimo restauro la lapide è stata tolta per fare spazio alla pavimentazione odierna (da storico l’avrei lasciata dov’era) e conservata fino ad oggi e presumibilmente in attesa di una sistemazione più consona all’importanza dell’opera stessa.
L’incisione latina recita così:

A DIO OTTIMO MASSIMO.
NELL’ANNO 1755 DELL’ERA CRISTIANA,
ESSENDO STATA LA CHIESA RESTITUITA IN FORMA PIU’ ELEGANTE E MESSO L’ALTARE MAGGIORE AL POSTO DELL’INGRESSO, (CHIESA) CHE ERA STATA ERETTA CON LA COMPIACENZA DI RE CARLO I, (CHE) ALFONSO DI LORIA AVEVA RINNOVATO NELL’ANNO 1534,
GLI AMATISSIMI FRATELLI FRANCESCO ANTONIO E FULGENZIO VANNI QUI HANNO TRASFERITO, AVENDONE AVUTA FACOLTA’ DAL VESCOVO BRESCIA, L’ALTARE DEDICATO ALLO SPIRITO SANTO E JUSPADRONATO ASSEGNATO ALLA FAMIGLIA, INOLTRE VI HANNO COSTRUITO UN LOCULO PER LE OSSA LORO E DEI DISCENDENTI.

In realtà tra i due fratelli solo Fulgenzio, forse il meno noto dei due, verrà sepolto lì così come desiderato. Francesco Antonio avrà una sorte diversa.
Come sappiamo Francesco Antonio Vanni è stato il primo storico di Maierà; tutto ciò che conosciamo della storia del nostro paese è solo grazie a lui e alle sue “Memorie della Terra di Majerà”, scritte intorno al 1750 e ritrovate nell’archivio storico di Cosenza all’interno dell’opera “Selva Calabra” dello storico Diamantese Leopoldo Pagano, che avendo ben compreso l’importanza del lavoro del Vanni lo preservò da una più che certa scomparsa. Lo stesso prof. Orazio Campagna nello scrivere il suo libro “Storia di Majerà” del 1985 ha attinto, anzi, in molte parti ha riportato interamente quanto scritto dal Vanni, aggiungendo nel suo lavoro i capitoli relativi al dialetto, alle tradizioni e ulteriori informazioni più recenti. Dal Vanni si discosta solo per un elemento, ovvero l’etimologia del nome. Secondo il Campagna infatti Maierà deriverebbe dall’ebraico M’ara (grotta), mentre il Vanni attribuiva l’origine del nome al greco Makhairas (coltellaio). Personalmente, e non è la prima volta che lo preciso, concordo con il Vanni per una serie di motivi che non sto qui a precisare.
Ritornando al titolo di questo articolo, soffermiamoci un po’ sulla figura di questo nostro illustre compaesano.
Francesco Antonio nacque a Majerà il 17 aprile 1698 da Biagio Vanni e Geronima Forte. Nel 1705, all’età di 7 anni, vestì l’abito talare e nel 1708 ricevette la prima tonsura. Dal 1712 al 1717 studiò a Mormanno e nel 1720 si trasferisce a Scalea, dove svolse l’attività di precettore, insegnante, e economo del principe Francesco Maria Spinelli.
Nel 1724 va a studiare a Salerno per poi ritornare in Calabria ed esercitare la sua professione, continuandola dal 1734 a Napoli, dove fu medico di molte famiglie benestanti e particolarmente dei principi Spinelli di Scalea. Oltre a scrivere le Memorie di Majerà scrisse anche la storia di Scalea e la genealogia dei suoi baroni, con la descrizione dell’albero genealogico della famiglia Spinelli (purtroppo introvabili).
Morì il 2 giugno 1755 e fu sepolto nella chiesa di San Giovanni a Teduccio (quartiere di Napoli). Il suo corpo mortale, dunque, non tornò mai nella sua patria, la terra tanto amata della quale ha narrato la storia fin dai suoi albori.

Pablito Sandolo